Nel 2018 l’incoming italiano nel turismo ha raggiunto i 42 miliardi di euro con un +7% (in realtà sono 50 miliardi ma questo è un altro discorso…).
Il turismo contribuisce al PIL italiano con il 12%. In realtà la sua influenza è assai maggiore, dall’agroalimentare alla moda, dall’artigianato all’industria.
Il mercato del turismo è di certo uno dei pochi che non solo migliora di anno in anno i suoi fatturati, assume anche, anche qui con intensità diversa a seconda del peso che il turismo ha assunto come valore aggiunto nei vari territori e destinazioni.
Laddove il turismo è stato capace di conquistare segmenti di mercato a elevata spesa pro capite – gli sportivi, i frequentatori dei centri benessere, gli enogastronomi, gli amanti delle griffe – sono migliori le condizioni di lavoro e più elevati gli stipendi offerti.
In Italia ci sono 250 istituti alberghieri e turistici, con una popolazione di oltre 50.000 studenti. Gli istituti alberghieri migliori e più abili nel dialogare con il mercato del lavoro garantiscono ai propri diplomati elevate possibilità sia di andare a lavorare all’estero, negli alberghi più prestigiosi, che di essere assunti in Italia con contratti di lavoro permanenti.
Secondo la Fondazione Agnelli, le prime 30 scuole alberghiere italiane registrano un tasso di occupazione superiore al 50% entro i due anni dal diploma con punte che arrivano al 64% per il Maggia di Stresa e il De Filippi di Varese nell’alberghiero e ancora il Maggia e l’Einaudi di Domodossola per l’indirizzo turistico.
L’Erminio Maggia di Stresa registra percentuali del 77,5% e del 75,33% per la coerenza tra titolo di studio e occupazione.
Il 64% del tasso di occupazione entro due anni dei diplomati del Maggia è ben superiore se si computano anche gli allievi che dopo il diploma sono andati a lavorare all’estero (un altro 10%).
Come direbbe Renzo Arbore: Meditate gente, meditate…