Il cosiddetto lavoro “grigio” si riferisce a tutte le irregolarità parziali, cioè le cosiddette “sottodichiarazioni”: si tratta dei falsi part time, le ore lavorate non regolari, l’imponibile contributivo non dichiarato, la quota delle ore retribuite “fuori busta” e di quelle non retribuite affatto.

Il contratto part time, invece, dovrebbe essere uno strumento volto ad affrontare la disoccupazione infatti attraverso la riduzione degli orari di lavoro si punterebbe a realizzare una redistribuzione del lavoro, aumentando quindi l’occupazione.

 L’incidenza del part time è aumentata molto significativamente e soprattutto in riferimento alla componente maschile, alle regioni del Mezzogiorno d’Italia e al part time involontario, da ciò si può dedurre che il part time e il lavoro grigio abbiano svolto solo una funzione di contenimento dei costi e di ammortizzatore sociale. Oltre un quinto dei part time esistenti in Italia corrisponde in realtà a rapporti di lavoro a tempo pieno. Nel caso di lavoro “nero” e per analogia di lavoro “grigio” si ritiene che per il datore di lavoro, il quale convenga con il lavoratore un patto contenente delle condizioni di lavoro e retributive peggiori rispetto a quelle previste dalla legge, si integri gli estremi del delitto di estorsione in quanto si condizionerebbe la volontà del lavoratore interessato ad assicurarsi una posizione lavorativa che sarebbe altrimenti negata.

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Tratto dal sito:www.studiolegale-santoro.it, a cura dell’Avv. Francesco Santoro

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